Giustizia

Bossetti: la giustizia è stata uccisa

Venerdì la Cassazione ha preso una decisione incredibile

È la decisione finale. Massimo Bossetti non potrà, neppure da condannato in via definitiva, analizzare i reperti che lo hanno fatto mandare all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio.

Affinché capiate la gravità di questa decisione, provo a farvi un riassunto comprensibile da chiunque. Perché quello che è accaduto è degno di un paese totalitario, accettabile solo nei regimi più corrotti del mondo.

E invece, è accaduto in Italia.

La condanna

Massimo Bossetti viene condannato in tutti e tre i gradi di giudizio. La prova che lo “inchioda” è quella del DNA. Non ci sono altre prove, ci sono solo degli elementi di contorno che, tolto il DNA, non hanno di per sé alcun valore probatorio.

La difesa di Massimo Bossetti, capitanata dall’avvocato Claudio Salvagni, chiede sin dall’inizio di poter analizzare i reperti e il materiale genetico da essi estratto. Lo fa a partire dall’udienza preliminare.

L’analisi però gli viene negata fin dal primo giorno. E gli viene negata anche la ricognizione visiva, tradotto: i leggins, le mutande, gli indumenti della povera Yara e le provette con il materiale genetico, Bossetti e i suoi difensori LI HANNO SEMPRE VISTI SOLO IN FOTOGRAFIA. Non hanno mai visto queste cose dal vivo, le hanno viste come le abbiamo viste noi in televisione.

Comunque, i motivi con cui gli viene negata la possibilità di effettuare le analisi al DNA cambiano nel tempo.

In primo grado Bossetti non può analizzare i reperti perché secondo la Corte “è inutile”, dal momento che le analisi sono state già fatte dall’accusa (!).

In appello, e poi in Cassazione, il motivo cambia e l’analisi gli viene negata perché, dicono i giudici, il materiale genetico (quello che è sempre stato chiamato “abbondantissimo”) è finito, e quindi anche volendo non c’è niente da analizzare.

La sorpresa

Nel 2019 però, quando Bossetti era già stato condannato in via definitiva da oltre un anno, un giornalista, il compianto Giangavino Sulas, scopre che in realtà di materiale genetico analizzabile ce n’è ancora, e pure tanto.

Era conservato al San Raffaele, presso il laboratorio del Dott. Casari. Lì c’erano proprio le 54 provette con cui è stato tipizzato il profilo genetico del cosiddetto “Ignoto 1”. E a fine 2019 erano tutte ancora lì, ben conservate e sotto sequestro.

Subito la difesa di Bossetti si precipita dal Giudice dell’Esecuzione, che è il Presidente della Corte d’Assise del Tribunale di Bergamo, il dott. Petillo, per chiedere due cose:

1- Di disporre la corretta conservazione dei reperti
2- Di porterli analizzare

Incredibilmente, il Giudice accoglie entrambe le richieste.

È una vittoria incredibile. Bossetti e la sua squadra difensiva saltano sulla seggiola. Quello che hanno sempre chiesto sta per diventare realtà!

La battaglia

Tuttavia, quando l’avv. Salvagni chiede all’ufficio competente le “modalità operative” per effettuare queste analisi, gli viene risposto che la domanda è inammissibile.

E lì inizia l’incubo.

Da quel momento l’autorizzazione che il Giudice dell’Esecuzione aveva concesso alla difesa di Bossetti, sottoforma di un provvedimento ufficiale, firmato, timbrato e depositato in cancelleria, viene ribaltata.

Inizia una battaglia fatta a suon di ricorsi in Cassazione. Ce ne saranno otto in totale, tutti vinti dalla difesa di Bossetti.

La Cassazione stabilisce ogni volta che il Tribunale di Bergamo ha concesso l’autorizzazione all’analisi e quindi la deve rispettare, fornendo le modalità operative.

Il Tribunale di Bergamo tuttavia, ogni volta con una scusa diversa, rimbalza tutte le richieste della difesa e contravviene ad ogni decisione della Cassazione che gli impone di fare il contrario di ciò che fa.

La fregatura

Si scoprirà solo più tardi che due giorni dopo aver timbrato e firmato il provvedimento ufficiale con cui si autorizza l’analisi dei reperti, lo stesso giudice, il dott. Petillo, scrive una nota indirizzata all’Ufficio corpi di reato specificando che quella autorizzazione all’analisi era solamente una autorizzazione a “guardare ma non toccare”.

Il problema è che il provvedimento ufficiale autorizza all’analisi, mentre a parlare di mera ricognizione, cioè “guardare ma non toccare”, è una nota interna che giuridicamente ha il valore di un appunto scritto sulla carta del salumiere.

Nel frattempo però accade una cosa incredibile. L’ultimo ricorso in Cassazione dà ragione ancora una volta alla difesa di Bossetti, ma questa volta lo fa in modo diverso.

La Cassazione dice “sì, avete il diritto ad analizzare i reperti perché il giudice di Bergamo ha depositato un provvedimento che per sua natura non può essere cambiato”, e ora tenetevi forte perché qui viene il bello, “tuttavia, come ha indicato il giudice, l’analisi che potete fare consiste nel guardare ma non toccare”.

In pratica nel valutare l’ultimo ricorso la Cassazione “si sbaglia” e confonde il contenuto del provvedimento del giudice, che autorizzava all’analisi, con quello della nota “carta del salumiere”, che parlava di guardare ma non toccare, e mette insieme le due cose come se fossero la stessa.

Ovviamente, è un errore eclatante.

È come se voi veniste assolti in un processo, con tanto di sentenza depositata, e poi i Carabinieri vi venissero a prendere a casa per accompagnarvi in carcere lo stesso, perché il giudice qualche giorno dopo la sentenza di assoluzione ha scritto sul suo diario che ha cambiato idea e dovete finire in galera. E la Cassazione poi gli desse pure ragione.

Assurdo.

E di fronte a questo errore madornale la difesa di Bossetti ovviamente fa un “ricorso straordinario” contro la decisione della Cassazione, segnalando ai giudici che “sicuramente c’è un errore materiale”, talmente abnorme che deve essere corretto.

La morte della giustizia

E qui arriviamo a quello che è successo venerdì scorso, il 16 febbraio 2024. Quando la Suprema Corte di Cassazione deve decidere su questo ricorso straordinario.

E risponde, alla difesa di Bossetti, che il loro ricorso è inammissibile.

In sostanza, vale l’ultima decisione presa, quella che mischia un provvedimento ufficiale con la “nota del salumiere”, mischiandone i contenuti e trattandoli come se fossero la stessa roba.

In pratica: siete stati assolti, i Carabinieri vi vengono a prendere a casa, vi portano in cella, e ci rimanete perché la Cassazione vi dà pure torto.

La ciliegina

A fronte di questo scempio, le cose, sappiatelo, stanno ben peggio di come sembrano. Volete sapere cosa altro è successo lo stesso giorno che il Giudice dell’Esecuzione ha scritto quella “nota del salumiere” con cui ha deciso di cambiare idea sull’autorizzazione all’analisi?

Lo volete sapere?

Ebbene, quello stesso giorno le 54 provette di materiale genetico, quelle che erano al San Raffaele conservate nel freezer, sono state spostate all’Ufficio corpi di reato del Tribunale di Bergamo. A temperatura ambiente.

I reperti, così, SONO STATI DISTRUTTI.

E da quel giorno, analizzarli, è diventato inutile.

E così, l’ultimo chiodo sulla bara di Massimo Bossetti, è stato piantato.

Se potete, scappate dall’Italia prima di fare la sua fine.

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Andrea Lombardi

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