Non funziona più un cazzo. Il più lampante andato a meretrici è Google Search, ma anche Facebook da ormai cinque giorni mi mostra gli stessi post ogni volta che lo apro e devo ancora verificare se il problema sia collegato a quello che sto per dirvi.
Il fatto è che se non trovate più le cose su Google, se non riuscite a spostarvi da una ricerca a Google Maps, se non potete più aprire gli indirizzi dopo averli cercati, non si tratta di un malfunzionamento. È voluto. Desiderato.
Per il nostro bene.
E a volerlo è lei. La nostra mamma. L’Europa.
Che ci ha messi al mondo non sappiamo con chi, com’è tipico di chi esercita la sua attività.
L’Unione Europea è un grande ospedale psichiatrico dove anche gli infermieri e i medici sono affetti dalle stesse patologie dei pazienti.
Gente dalla nulla cultura tecnica che pontifica su cose che non conosce e non capisce con lo stesso animo pericoloso degli stupidi che con sadica cattiveria tentano di riparare a un presunto torto subito, che però esiste solo nella loro testa, facendone uno ancora più grande e ridendo nel frattempo.
Le leggi europee sono lo sfregio alla macchina del vicino che ha dato quella festa che non ti ha fatto dormire, salvo poi scoprire che quel weekend non era neppure lì e comunque la macchina colpita non era la sua, ma casualmente una dello stesso colore e modello.
Paesani alla riscossa, velenosi e frustrati condòmini di provincia cui hanno dato un posto da vigili urbani dopo decenni di gratuite vessazioni subite da parte di altri frutti d’incesto come loro.
Ecco da chi siamo amministrati a Bruxelles.
Impermeabili alla fisica e alla matematica i sovrani europei hanno deciso che tutti i produttori di dispositivi elettronici sono obbligati a fare “il buco per la ricarica” con la forma della porta USB-C.
Così, nella loro testa di vangatori ottocenteschi che vedono la corrente elettrica come una stregoneria demoniaca, pensano che possiamo “ricaricare tutti i dispositivi con lo stesso caricatore e lo stesso filo”, diminuendo i rifiuti elettronici e risparmiando soldi.
Siccome questi retrogradi si spostano in calesse e comunicano con il telegrafo non hanno mai provato a caricare un MacBook Pro con il cavo e il caricabatterie dell’iPhone 15, altrimenti avrebbero scoperto che ci sarebbero potuti volere sette o otto mesi per arrivare al 100%.
Tempi che comunque rendono l’obiettivo raggiungibile, a differenza della vana speranza che questi tardigradi cachino un’idea brillante (ma anche solo non dannosa) prima della fine della loro esistenza.
Non paghi dell’ottimo risultato raggiunto, gli scemi del villaggio globale ci hanno preso gusto, e sono così passati a regolamentare il mercato digitale.
Dopo aver superato la refrattarietà che avevano nel tenere in mano un “topo” per navigare in internet, i nostri Vasco de Gama da piscina e con il salvagente di paperino si sono chiesti cosa impediva loro di civilizzare con le loro leggi quelle selvagge popolazioni digitali.
Detto fatto, con la stessa velocità con cui il demente dei film horror gira la chiave dello scrigno non appena entra nel suo campo visivo, mentre i compagni da ore si stavano interrogando su cosa fare, i conquistadores di Bruxelles hanno piantato la loro bandierina nelle acque dell’Internet, chiedendosi pure come mai non stia in piedi.
E così hanno deciso che Google non può più portarti dai risultati di ricerca a Google Maps. Perché altrimenti è un abuso di posizione dominante, e danneggia i consumatori. Dicono che la Ricerca di Google è una attività che deve restare separata dalle Mappe, ma anche dalle altre cose come Google Shopping. Quindi, anziché fornirti le sue mappe, Google non te ne fornirà più nessuna, in questo modo le altre aziende che forniscono le mappe potranno finalmente competere con Google.
Non state a rileggere il paragrafo, non capireste lo stesso, non c’è niente da capire.
L’idea è di uno che si chiama Thierry Breton, cercate su Google che aspetto ha, così scoprirete che sembra uno dei professori malvagi e pasticcioni della saga di Harry Potter e smetterete di farvi domande.
La cosa ironica è che i nostri minatori rimasti intrappolati nei cunicoli delle manie di persecuzione dopo un crollo hanno scoperto che esistono concorrenti di Google Maps cercandoli su Google.
Mi fermo qui che ne ho scritte già abbastanza da finire in galera. Ma vi assicuro che siamo al 5% delle follie che questi spazzatori di foglie controvento hanno pensato.