J-sixer è il nomignolo con cui si chiamano tra di loro quelli che erano presenti a Capitol Hill, quel 6 gennaio 2021. Persone che hanno sviluppato uno spirito di fratellanza come quello che nasce tra commilitoni che hanno combattuto la stessa guerra. O tra le persone che hanno subito lo stesso evento traumatico, come un atto di terrorismo.
In effetti il 6 gennaio, l’assalto a Capitol Hill, è stato un evento traumatico per molti di loro. Molti erano americani per bene della classe media che erano lì solo per manifestare il loro dissenso verso un esito elettorale che giudicavano frutto di un imbroglio, e come abbiamo visto nello scorso video, di motivi per pensarlo ce ne sono diversi.
Quel giorno però, paradossalmente, l’assalto alla Capitale ha cementificato la vittoria di Joe Biden. Ha messo a tacere, dentro il Congresso, ogni voce critica.
Se nell’ultimo video vi ho raccontato con dovizia di dettagli e particolari inediti in Italia il perché le elezioni del 2020 lascino grandi dubbi sui possibili brogli, oggi voglio parlarvi di quello che è successo quel giorno, e del perché molti abbiamo il dubbio che le devastazioni del 6 gennaio siano state lasciate accadere apposta, per avere una scusa per reprimere.
La Commissione d’inchiesta del Congresso che ha svolto le indagini sulla vicenda ha paragonato il 6 gennaio 2021 ad altre due date particolarmente tristi per la storia americana: il 7 dicembre 1941, l’attacco di Pearl Harbour, e l’11 settembre 2001, quando gli aerei pilotati dai terroristi di Al Qaida si sono schiantati sulle torri gemelle.
Quel giorno viene raccontato come un vero tentativo di insurrezione che serviva per instaurare un governo illegittimo. In altri termini, un colpo di stato, ovviamente ordito da Trump.
Ma come sono andate veramente le cose?
Innanzi tutto il 6 gennaio non era un giorno a caso: era il giorno in cui il Congresso avrebbe dovuto certificare ufficialmente la vittoria di Biden. E per questo era anche il giorno in cui Donald Trump aveva chiamato a raccolta i suoi supporters per manifestare contro quella certificazione.
Il grido di battaglia di quel giorno era stop the steal, fermare il furto.
Tutto questo lo si sapeva benissimo con largo anticipo. Lo sapevano tutti.
La manifestazione iniziò al The Ellipse, un parco a forma di ellisse che si trova proprio alle spalle della Casa Bianca. In breve tempo i manifestanti iniziarono a riversarsi, attraverso Pennsylvania Avenue, ai piedi di Capitol Hill, dove ad attenderli c’era un manipolo di poliziotti della Capitol Police il cui compito era tenere la situazione sotto controllo garantendo la sicurezza dell’edificio.
Però i poliziotti si trovarono di fronte almeno 80.000 persone, e gli agenti non erano sufficienti né in quantità né in preparazione per far fronte a una tale pressione. La polizia si fece prendere dal panico, reagì scompostamente e gli agenti iniziarono a combattere i manifestanti, anziché fare ciò che il loro dovere prevedeva: cioè disperderli e, se necessario, arrestarli.
Iniziarono quindi i lanci di granate stordenti verso i manifestanti, ma anche di gas lacrimogeno e i proiettili di gomma. Tutte cose che però non furono accompagnate da azioni per disperdere la folla, perché era impossibile per quei pochi poliziotti far fronte a quella fiumana. Così lo scontro divenne più che altro un tiro al piccione fatto da dietro le barricate, che qualcuno definì addirittura punitivo per i manifestanti. Ovviamente così non si ottenne altro che fomentare la rabbia e la voglia di rivalsa dei manifestanti, che anziché mollare e disperdersi, diventarono sempre più determinati.
E così anche la polizia, sotto evidente pressione, reagì con rabbia e incrementando la violenza. Era un circolo vizioso. I proiettili di gomma iniziarono a essere sparati direttamente all’altezza della testa. Le granate stordenti vennero lanciate alla cieca in mezzo alla folla, con il rischio di colpire qualcuno e sfigurarlo o ucciderlo, cosa che in effetti avvenne. Due uomini tra i manifestanti, uno di 55 e uno di 50 anni, morirono uno di infarto e l’altro di ictus.
La situazione rapidamente diventò uno scontro tra opposte tifoserie, come quelli che avvengono in un qualsiasi stadio europeo.
I manifestanti venivano fatti ruzzolare a spintoni giù dalle scale, uno di loro mentre tentava di scalare la facciata del Campidoglio per appendere una bandiera di Trump, anziché essere fermato e arrestato, è stato buttato di sotto da un agente di polizia che gli ha fatto fare un volo di più di sei metri, tanto che dovettero portarlo via in ambulanza.
Le violenze furono da ambo le parti. Alcuni manifestanti violenti utilizzarono qualsiasi cosa riuscirono a trovare per lanciarla contro la polizia. Un poliziotto morì perché fu colto da malore dopo essere stato inondato di spry al peperoncino. La situazione stava rapidamente degenerando, e infine successe ciò che tutti sappiamo: i manifestanti riuscirono a fare irruzione nel Campidoglio.
Ma come è possibile che si sia arrivati a questo punto se la manifestazione e la tensione erano previste? Come ha fatto la situazione a sfuggire di mano sino a questo punto? E perché, soprattutto?
Cui prodest?
La prima domanda da farsi è: a chi è convenuto il 6 gennaio? Non certo a Trump, che si è ritrovato incriminato con l’accusa di cospirazione e insurrezione. E non certo ai suoi supporters, che anziché far sentire la loro voce e ottenere una commissione d’inchiesta sulla regolarità delle elezioni hanno ottenuto che il Congresso, una volta ripresi i lavori dopo l’assalto, ha messo a tacere tutti i dubbi sui brogli elettorali certificando con grande slancio la vittoria di Biden.
Di fronte a questo risultato molti hanno iniziato a pensare che l’assalto a Capitol Hill sia stata un’operazione provocata in cui Trump è rimasto vittima. Qualcuno pensa che ci siano stati degli agenti provocatori che hanno aizzato la folla di manifestanti per creare lo scontro. Magari di queste cose ne parleremo un’altra volta.
Intanto limitiamoci ad osservare un aspetto: la gestione dell’ordine pubblico. Come mai la polizia era così palesemente impreparata? Come mai ci è voluto così tanto prima che la guardia nazionale intervenisse? Come mai ci sono diversi video dove la polizia osserva inerme le persone che entrano nel palazzo, o addirittura sposta le transenne per farle passare?
Partiamo da una dato incontrovertibile: il 6 gennaio nella capitale ci sono state indicibili violenze da parte dei manifestanti. Su questo non ci piove.
Però è anche successo che la polizia aprisse le transenne per far passare i manifestanti, come mai? Ci sono molti video che testimoniano la coesistenza pacifica di poliziotti e manifestanti all’interno dell’edificio, senza che i primi oppongano alcuna resistenza ai secondi.
Queste immagini rimangono a oggi un mistero cui bisognerà, prima o dopo, dare una risposta credibile.
National Guard
La sicurezza del campidoglio è responsabilità della Capitol Police, della polizia metropolitana di Washington, e delle agenzie federali come l’FBI e il DHS. Tutto questo però può essere coadiuvato dalla National Guard, la Guardia Nazionale, che è il corpo più adatto a intervenire in una situazione del genere, e infatti è solo grazie a loro se alla fine si è riusciti a recuperare la situazione. Il problema è che sono arrivati tardi, quando ormai i buoi erano già scappati.
E come mai sono arrivati tardi?
Trump ha sempre sostenuto di aver autorizzato l’invio di 10.000 uomini della National Guard, ma su questo è stato sempre smentito dal fact checking dei giornali che hanno sempre detto che non era vero, e anzi che Trump aveva fatto di tutto per ritardarne l’arrivo.
Però un deputato repubblicano ha scovato un interrogatorio che la commissione di inchiesta ha tentato di insabbiare. Il protagonista era l’ex vice capo dello staff della Casa Bianca Anthony Ornato, che ha testimoniato che Trump voleva inviare la Guardia Nazionale, ma il sindaco di Washington, la democratica Bowser, ha fatto di tutto per ritardarne l’invio.
Recentemente poi anche l’ex segretario della difesa, Chris Miller, ha dichiarato al Daily Mail di essere stato minacciato dalla commissione d’inchiesta che gli ha fatto pressioni affinché smettesse di andare in tv a sostenere che Trump volesse inviare, quel giorno, la National Guard.
In effetti la procedura per l’invio della National Guard prevede che il Presidente autorizzi il dispiegamento, ma che il governatore, o nel caso di Washington DC il sindaco, ne richieda l’uso. Se manca anche una sola di queste due condizioni la guardia nazionale non viene schierata, e a sentire queste testimonianze, una persino sotto giuramento sembrerebbe che sia stato il sindaco a prevenirne lo schieramento.